Medea

di Euripide

Adattamento e regia di Rosetta Iacona

Nell’adattamento di Rosetta Iacona, sviluppato partendo dalla traduzione della Valgimigli, così come nelle scene da me realizzate, Medea non è un’eroina, anzi. Durante l’ideazione di quello che doveva essere il significato di questo Dramma, non si riusciva a superare lo scoglio dell’uccisione dei figli da parte di Medea, escluse quindi la Medea “femminista”, mi si consenta il termine enormemente abusato, la Meda ribelle, la Medea simbolo di un affrancarsi delle donne dal giogo maschile, abbiamo deciso di tornare indietro, e ripartire proprio dal significato che lo stesso Euripide voleva dare al suo Dramma. Così, confrontandoci con la professoressa Antonella Casciolo grecista, nonché con i ragazzi del gruppo attoriale dell’I.I.S. “E. Basile”, siamo giunti alla conclusione che Medea, metà umana e metà divinità, in quanto nipote del dio Sole e sua sacerdotessa, sceglie di abbandonare il suo lato divino e di unirsi a Giasone e solo dopo il tradimento perpetrato dallo stesso Giasone, decide di ritornare semidea, ed in questa condizione uccide i figli, compiendo un atto che una persona umana non avrebbe mai commesso. È quindi la semidea che con un gesto estremo ed inconcepibile per una persona umana, ma assolutamente consueto per una divinità, uccide i figli di Giasone per punirlo del suo tradimento. Ecco allora che tutti i movimenti del coro, tutto il sottotesto dei dialoghi, sono diventati la rappresentazione sia della precisa scelta di Medea di ordire l’inganno agli umani, Giasone, Creonte, Egeo, sia il tentativo delle donne di Corinto di trattenere Medea, di farla recedere dalla sua scelta di ritornare una semidivinità, di trattenerla nella sua condizione umana. Ma Medea non cambia idea ordisce il suo inganno e lo perpetra, ed alla fine sale sul carro del sole e abbandona l’umanità, con le sue mestizie e le sue tragedie.